Rassegnare le dimissioni per malattia o pensionamento senza preavviso, che nel caso di agente plurimandatario è fissato in un minimo di tre mesi, è una scelta volontaria del lavoratore, che lo espone al dovere di compensare economicamente il preponente per il mancato preavviso (ad esempio, all’obbligo di corrispondere un risarcimento del danno).
Le dimissioni rassegnate per pensionamento e/o motivi di salute non rientrano infatti nell’ambito delle dimissioni per giusta causa, in relazione alle quali il lavoratore è esonerato dal rispetto del periodo di preavviso.
Come rilevato dalla Corte di Cassazione in un suo recente arresto (Cass. 12565 del 2017), l’ipotesi della giusta causa ricorre laddove si verifichi “una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”. In presenza di una condizione di improseguibilità del rapporto, la cui ricorrenza deve essere valutata dal giudice, l’atto di dimissioni, ancorché proveniente dal lavoratore, sarebbe comunque da ascrivere al comportamento di un altro soggetto ed il conseguente stato di disoccupazione non potrebbe che ritenersi, ai sensi dell’art. 38 Cost, involontario.
La nozione di giusta causa è pertanto da ricollegare o ad un gravissimo inadempimento (cfr. da ult. Cass. n. 25384 del 2015) ovvero ad un’altra causa oggettivamente idonea a ledere il vincolo fiduciario (v. in tal senso Cass. n. 3136 del 2015), mentre esula da tale nozione l’impossibilità oggettiva della prestazione lavorativa derivante da stato di malattia.
Proprio con riferimento ad una fattispecie legata alla perdita del lavoro derivante da dimissioni per motivi di malattia si è ribadito che la disoccupazione è involontaria quando è dovuta a dimissioni rassegnate per il comportamento di un altro soggetto, ovvero riconducibili ad una causa insita in un difetto del rapporto di lavoro, così grave da impedirne la provvisoria esecuzione. Si fa riferimento, con evidenza, al fatto del datore di lavoro (violazioni termini del contratto) o al fatto del terzo, non già alla situazione soggettiva del lavoratore, la cui scelta, ancorchè dettata da motivi di salute, rimane tuttavia volontaria.
Per quanto attiene all’indennità dovuta al preponente in caso di dimissioni senza preavviso, l’art. 10 dell’AEC prevede che “ove la parte recedente intenda porre fine con effetto immediato al rapporto, essa dovrà corrispondere all’altra parte, in sostituzione del preavviso, una somma pari a tanti dodicesimi delle provvigioni liquidate e, comunque, contrattualmente maturate nell’anno solare (1 gennaio – 31 dicembre) precedente, quanti sono i mesi di preavviso dovuti o una somma a questa proporzionale, in caso di esonero da una parte del preavviso.”
L’agente avrà però diritto di percepire l’indennità di fine rapporto come previsto dall’art. 1751 c.c., 2 comma, lettera b): tale disposizione infatti esclude l’erogazione dell’indennità di fine rapporto in caso di recesso dal contratto dell’agente, salvo che lo stesso sia motivato da circostanze attribuibili all’agente quali età, malattia e infermità.