Contratto di leasing c.d. “indicizzato” – Usurarietà e indeterminatezza dei tassi di interesse – Qualificazione giuridica della clausola di “indicizzazione” – Trasparenza – Domanda di nullità della clausola di “indicizzazione” – Rigetto.
Contratto di leasing c.d. “indicizzato” – Interessi corrispettivi e interessi di mora – Usurarietà degli interessi di mora – Risoluzione anticipata del contratto – Clausola avente natura di clausola penale – Inapplicabilità art. 1815, comma 2 c.c. – Domanda di nullità della clausola relativa agli interessi moratori – Rigetto.
La clausola di “indicizzazione” prevista in un contratto di leasing costituisce una clausola accessoria che non assume una causa autonoma rispetto a quella del contratto di leasing in cui è inserita. La clausola di indicizzazione, dunque, non dà vita ad una operazione dotata di causa autonoma (di cui agli artt. 21 ss. T.U.F.), ovvero sganciata dal contenuto del contratto di leasing finanziario, in quanto, con essa, le parti adeguano il valore del corrispettivo per il godimento dei beni strumentali ai valori di mercato, senza costituire una diversa operazione negoziale avente natura di investimento finanziario e trovano applicazione dunque le disposizioni del TUB e ulteriori previsioni regolamentari del CIRC (n. 229 del 21 aprile 1999 e ss. mm.) e della Banca d’Italia in materia di trasparenza.
Gli interessi corrispettivi e interessi di mora non debbono sommarsi aritmeticamente nel calcolo dell’usura ma vanno autonomamente considerati, sia perché trattasi di grandezze disomogenee – data la diversa funzione corrispettiva dei primi, risarcitoria ed eventuale dei secondo – sia perché l’interesse moratorio ha normalmente natura sostitutiva di quello corrispettivo, sia perché, in definitiva, ciò che conta, non è solo la percentuale di interessi in sé e per sé, ma l’effettivo onere economico che in termini monetari viene addebitati al cliente. Di conseguenza, l’applicazione dell’art. 1815, comma 2 c.c. agli interessi moratori usurari non sembra sostenibile, atteso che la norma si riferisce solo agli interessi corrispettivi, e considerato che la causa degli uni e degli altri è pur sempre diversa: il che rende ragionevole, in presenza di interessi convenzionali moratori usurari, di fronte alla nullità della clausola, attribuire secondo le norme generali al danneggiato gli interessi al tasso legale.
Questi i principi di diritto espressi dal Tribunale di Ancona nella sentenza n. 1141 del 20 giugno 2019.
LA VICENDA PROCESSUALE
Con atto di citazione una società conveniva in giudizio un Istituto bancario, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanna Bigi, chiedendo la nullità della clausola di indicizzazione contenuta nel contratto di leasing finanziaria, ed avente ad oggetto un immobile, per violazione degli obblighi informativi di cui al T.U.F. (fra cui l’art. 21 e ss.) e del regolamento Consob 16.190/07. Secondo parte attrice, infatti, detta clausola contrattuale doveva considerarsi avente natura di contratto derivato (nella specie di Interest Rate Swap), con la conseguenza che doveva essere applicata la normativa contenuta nel T.U.F. e del regolamento Consob di cui sopra.
Si costituiva in giudizio la Banca chiedendo il rigetto delle domande attoree perché nulle per mancanza di interesse ad agire, oltre che infondate sia in fatto che in diritto.
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI ANCONA
Il tribunale di Ancona ha rigettato la domanda di nullità della clausola di indicizzazione del contratto di leasing, perchè infondata.
Una operazione di leasing si dice a “tasso indicizzato” quando ciascuna rata del contratto di leasing è legata alle variazioni di un parametro finanziario di riferimento scelto dalle parti ed inserito in una specifica clausola contrattuale, detta appunto di indicizzazione. In tale clausola viene indicato il parametro preso a riferimenti per l’indicizzazione (nel caso di specie Euribo a 3 mesi il quale, in quanto componente variabile del tasso d’interesse praticato, determina la variazione del canone sia in aumento che in diminuzione).
Il giudicante, nella pronuncia in oggetto, stabiliva che la clausola di indicizzazione non è un “autonomo” derivato avente natura di investimento finanziario (di cui all’art. 1 comma 2, lett. g, d.lgs. 24 febbraio 1998 n. 58), inserito nel contratto di leasing, né può essere assoggettata alle norme del T.U.F. Il tribunale anconetano, contrariamente, riteneva che al caso de quo trovassero applicazione le disposizioni del T.U.B. e le ulteriori previsioni regolamentari del CICR (del 04.03.2003) e della Banca d’Italia in materia di trasparenza.
In particolare, le istruzioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza nelle operazioni bancarie e finanziarie (Circ. n. 229 del 21.04.1999 e ss.mm.), in presenza di “clausole di indicizzazione” pattuite tra le parti, richiedono che quest’ultime indichino in contratto il parametro iniziale per gli adeguamenti periodici e i criteri per procedere all’indicizzazione dei canoni di locazione finanziaria.
E ciò, è quanto accadeva nella fattispecie in esame nella fase di contrattazione tra le parti.
Dalla rilevazione di parametri iniziali e criteri “pubblici e oggettivi”, ben individuati nelle clausole contrattuali, ne deriva che la clausola di indicizzazione in esame non fosse stata pattuita allo scopo di prevedere (ex ante) vantaggi in favore della sola concedente. L’adeguamento della clausola di “indicizzazione”, che costituisce un semplice adeguamento ai valori di mercato delle prestazioni pecuniarie in favore della concedente, collegato all’indice Euribor, non prevede obblighi a carico di una sola parte, ma ripartisce obiettivamente le conseguenze (negative e positive) delle rilevazioni periodiche delle parti.
Nel caso de quo, il giudice riconosceva la legittimità della citata clausola relativa alla indicizzazione dei canoni, essendo l’ammontare degli stessi frutto di calcoli aritmetici eseguiti sulla base di parametri obiettivi, la cui rilevazione non lascia spazio a scelte discrezionali della società concedente. Il che esclude ogni possibile indeterminatezza e/o discrezionalità per la concedente nella fase esecutiva del rapporto contrattuale.
Risultavano pienamente rispettate, in definitiva, le disposizioni della Banca d’Italia in materia di trasparenza e nessuna violazione veniva commessa dalla società concedente in ordine alla normativa contenuta nel T.U.F.
Il tribunale di Ancona, pertanto, rigettava la domanda di nullità della clausola di indicizzazione del contratto di leasing, perché infondata, e non riscontrava nessuna responsabilità risarcitoria nei confronti della Banca per violazione delle norme in materia di trasparenza bancaria e finanziaria e/o di buona fede.