- Premessa: proroga dell’entrata in vigore del Codice della Crisi di impresa e dell’Insolvenza
Tra le misure per far fronte all’emergenza Coronavirus trova spazio anche la decisione di una proroga di un anno dell’entrata in vigore dell’intero pacchetto di misure previste dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
L’intervento mira soprattutto ad aiutare i professionisti che si troverebbero in difficoltà, senza il differimento, a gestire il probabile aumento delle procedure concorsuali dovute all’emergenza Covid-19. Si vuole, inoltre, evitare che i Tribunali si debbano trovare ad affrontare con le nuove regole una elevata quantità di procedure.
La riforma quindi, salvo imprevisti, dovrebbe avere compiuta attuazione a partire dal 1° settembre 2021, e pertanto, attualmente, trovano ancora applicazione le regole sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento, contenute nella legge n. 3 del 2012.
Le uniche norme già entrate in vigore sono gli articoli 27, comma 1 (competenza per materia e territorio), 350 (modifiche all’amministrazione straordinaria), 356 (albo degli incaricati della gestione delle procedure), 357 (funzionamento dell’albo), 359 (area web riservata), 363 (certificazione dei debiti contributivi e premi assicurativi), 364 (certificazione debiti tributari), 366 (modifica al TU sulle spese di giustizia), 375, 377, 378, 379 (modifiche al codice civile), 385, 386, 387 e 388 (modifiche in materia di garanzie per gli acquirenti di immobili da costruire).
- Tipologie di interventi
Il Codice della Crisi d’Impresa definisce il sovraindebitamento come «lo stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative […] e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale, ovvero a liquidazione coatta amministrativa, o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza» (art. 2 lett. c, d.lgs. 14/2019).
Il legislatore era già intervenuto predisponendo degli strumenti pensati appositamente per l’esdebitazione dei cosiddetti “insolventi civili”, soggetti cioè che non ricoprono la qualifica di imprenditore e, pertanto, non sono sottoposti alle ordinarie procedure fallimentari. Gli strumenti predisposti dalla legge 3/2012 non hanno però trovato frequente applicazione nella prassi, a causa dei costi e del complesso iter da seguire e, per questo, il Codice della Crisi d’Impresa è intervenuto a snellirli il più possibile.
Quando entrerà in vigore la riforma, in caso di sovraindebitamento, i soggetti non fallibili potranno accedere a diverse procedure:
- a) il piano di ristrutturazione dei debiti, riservato al consumatore (sostituisce il “piano del consumatore”);
- b) il concordato minore, rivolto al professionista, all’imprenditore minore, all’imprenditore agricolo e alle start-upinnovative (sostituisce “l’accordo di composizione della crisi);
- c) la liquidazione controllata del debitorerivolta alle categorie di soggetti sopraindicati (sostituisce la “liquidazione del patrimonio”).
Anche l’art. 480 c.p.c., dedicato alla forma dell’atto di precetto, prevede l’avvertimento per il debitore della facoltà di porre rimedio al sovraindebitamento ricorrendo all’accordo di composizione della crisi (ora concordato minore) o al piano del consumatore (adesso piano di ristrutturazione dei debiti).
Nell’ambito del Codice della Crisi d’Impresa è prevista inoltre l’introduzione di due procedure di particolare interesse: l’esdebitazione di diritto e del debitore incapiente.
- d) Quanto alla prima misura, diversamente dalla legge 3/2012, il suddetto Codice prevede l’operatività ope legis dell’esdebitazione a seguito del provvedimento di chiusura della procedura di liquidazione giudiziale e, comunque, non oltre tre anni dalla sua apertura.
Essa è dichiarata con decreto motivato del tribunale pubblicato nel registro delle imprese come comunicato al Pubblico Ministero e ai creditori i quali possono proporre reclamo al tribunale o alla Corte di Appello a mente dell’articolo 124 CCII, nelle more di trenta giorni.
- e) Ulteriore novità introdotta dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è la procedura dedicata al “debitore incapiente” ex art. 283 CCII.
La norma è rivolta al debitore, persona fisica meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura fatto salvo l’obbligo dell’assolvimento del debito entro quattro anni dal decreto del giudice laddove pervengano sopravvenienze attive rilevanti, salvo finanziamenti comunque ottenuti, che consentano il soddisfacimento dei creditori in misura non inferiore al dieci per cento. Il computo della massa attiva eventualmente sopraggiunta utile al soddisfacimento dei richiamati creditori (almeno il 10%) è condotta su base annua, tenendo escluso dal novero le spese di produzione del reddito e quanto occorrente al mantenimento del debitore e della sua famiglia parametrato all’assegno sociale, aumentato della metà moltiplicato il numero dei componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza dell’ISEE di cui al DPCM 5 dicembre 2013, n. 159.
Conseguentemente, ove sopraggiungesse all’esdebitando una massa inferiore alla richiamata percentuale del 10 % l’obbligo dell’assolvimento del debito non opera superati i quattro anni.
- L’iter della procedura per il beneficio dell’esdebitazione
Il debitore incapiente il quale intenda accedere al beneficio dell’esdebitazione deve presentare, per il tramite l’Organismo di Composizione assistita della Crisi da sovraindebitamento, al giudice competente:
- un elenco di tutti i creditori con l’indicazione delle somme a costoro dovute
- un elenco degli atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni
- una copia delle dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni
- l’indicazione delle entrate proprie e dei componenti il nucleo familiare.
La predetta domanda deve essere accompagnata da una relazione particolareggiata dell’Organismo di Composizione della Crisi nella quale risultino, tanto le cause che hanno originato l’indebitamento assunto con diligenza e le ragioni che hanno portato all’incapacità di adempiere, quanto l’indicazione della eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori e una valutazione di congruenza e attendibilità della documentazione prodotta a corredo della domanda.
Il giudice, assunte le formalità di rito e valutata la meritevolezza del debitore concede con decreto l’esdebitazione, indicando modi e tempi entro il quale il debitore deve, a pena di revoca del beneficio, depositare la dichiarazione annuale relativa alle richiamate sopravvenienze attive.
Il decreto così è comunicato al debitore e ai creditori, i quali possono proporre opposizione nel termine di trenta giorni. All’esito di eventuali opposizioni il giudice, previo contraddittorio opponenti/debitore, conferma o revoca il decreto. La decisione è soggetta a reclamo dinanzi alla Corte di Appello.
Si osserva in fine come l’Organismo di Composizione della Crisi nei quattro anni successivi al deposito del decreto che concede l’esdebitazione, abbia il dovere di vigilare sulla tempestività del deposito della dichiarazione dei redditi al fine di compiere la verifica della sussistenza di utilità rilevanti.
- Chi può beneficiare dell’esdebitazione: ambito soggettivo di applicazione
Il piano di ristrutturazione dei debiti, rientrante nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, si applica al consumatore, ossia «la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una s.n.c., s.a.s. o di una s.a.p.a. per i debiti estranei a quelli sociali» (art. 2 lett. e, d. lgs. 14/2019).
Una delle novità introdotte dal Codice della Crisi d’Impresa consiste nell’estensione della procedura di cui trattasi anche ai familiari. L’art. 66 d.lgs. 14/2019, infatti, cita “i membri della stessa famiglia” con ciò intendendo: il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo, le parti dell’unione civile, i conviventi di fatto.
La definizione di consumatore è però più ampia rispetto a quella contenuta nella legge 3/2012 (art. 6 comma 2 lett. b), infatti, riguarda anche i soci illimitatamente responsabili di: società in nome collettivo (s.n.c.); società in accomandita semplice (s.a.s.); società in accomandita per azioni (s.a.p.a.).
Il CCI equipara al consumatore i soci delle compagini sociali suindicate, purché si tratti di debiti estranei a quelli sociali (art. 2 lett. e, d.lgs. 14/2019); inoltre, la procedura non deve recare pregiudizio ai creditori sociali, ad esempio, destinando il patrimonio al soddisfacimento dei soli creditori personali, a nocumento dei primi.
Sul punto, occorre rilevare che la giurisprudenza formatasi durante la vigenza della legge 3/2012 riteneva che il piano del consumatore non potesse applicarsi ai soci illimitatamente responsabili di una società di persone, in quanto assoggettabili a fallimento (Trib. Milano 18 agosto 2016). La nuova disciplina, invece, li considera espressamente tra i soggetti che possono proporre il piano di ristrutturazione nei limiti suindicati e risolve in tal senso il dubbio interpretativo che era sorto in passato.
Inoltre, è previsto che la procedura estenda i propri effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili (art. 65 comma 4 d.lgs. 14/2019). Anche questa è una novità rispetto alla disciplina precedente, ove si escludeva l’estensione della procedura. Il CCI risolve anche questo problema, in quanto ammette l’applicazione degli effetti della procedura, che coinvolge la società, anche al socio.
Sta qui la vera e propria novità della disciplina del “codice” rispetto al passato: come abbiamo visto, possono essere beneficiari dell’esdebitazione soggetti diversi dalle persone fisiche titolari della ditta individuale sottoposta al fallimento e dai soci illimitatamente responsabili delle società di persone.
Quanto alle condizioni di accesso all’esdebitazione: il debitore deve aver tenuto una condotta collaborativa nei confronti della procedura, non aver beneficiato in passato dell’esdebitazione per più di due volte (la normativa richiede anche che siano passati più di cinque anni dalla concessione dell’ultima esdebitazione), non aver distratto attivo, esposto passività inesistenti o aggravato il dissesto, non aver ricevuto condanne per specifici reati. Tali condizioni devono sussistere anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e dei legali rappresentanti.